Il cardinal Bagnasco, per anni sollecito cappellano dell’armata berlusconiana, non vuole proprio andare in tribunale, recalcitra e sta facendo di tutto per potersi sottrarre all’ingrato compito di testimone. Per un pastore di anime dovrebbe essere invece un’occasione imperdibile: quella di rivelare urbi et orbi se è consentito a qualcuno che si proclama cattolico di presentarsi come candidato di un partito pieno di indagati e il cui capo viene definito dai tribunali della Repubblica «propenso naturalmente a delinquere».
Ovvio che dovrebbe rendere esplicita l’impossibilità tra fede e malaffare, dovrebbe farlo anche se appartenesse alla casta sacerdotale di un qualsiasi credo fosse pure l’animismo più primitivo. Ma Bagnasco non vuole farlo, sta muovendo avvocati e politici per sottrarsi a un compito che dovrebbe essere basilare per chi dalla sera alla mattina parla di “testimoniare Cristo”. La strana vicenda è nata da una querela di Pier Luigi Vinai, candidato berlusconiano nel 2012 alla carica di…
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